Cina: dipendenti di un negozio Gucci sfruttati dai datori di lavoro

shenzen

Recentemente si è parlato tanto delle nuove boutique di Gucci che dopo un restyling globale hanno riaperto nelle vie dello shopping più importanti d’Italia: in via Montenapoleone a Milano, in via de’ Tornabuoni a Firenze e sempre a Firenze il Museo Gucci.  Ma a macchiare questo nuove concept store è la notizia proveniente Shenzhen, una metropoli di 9 milioni di abitanti a due mila chilometri da Pechino.

Ex dipendenti del negozio Gucci di Shenzhen hanno dichiatrato di essere stati sfruttati e vessati con turni di lavoro in piedi per 12 ore, permessi speciali anche per andare in bagno, straordinari non pagati e cosa ancor più grave, due impiegate avrebbero abortito a causa di questo regime.

I vertici della maison fiorentina naturalizzata francese ha subito lincenziato i manager del negozio e ha fatto sapere in un comunicato:

L’azienda non tollerae non tollererà tali presunti illeciti. Gucci ha condotto ampie e approfondite ricerche e intrapreso una serie di misure in tale direzione, tra le quali: la sostituzione del senior management e gli assistant store manager coinvolti; la creazione di una via di comunicazione diretta e confidenziale tra il senior management e i sales assistant; il rafforzamento di programmi di formazione per il personale addetto alla vendita; nonché il ribadire i propri principi in tema di welfare nei confronti dei dipendenti e del continuo miglioramento dell’ambiente di lavoro. Gucci ha inoltre dato mandato a consulenti esterni affinché conducano un’ulteriore analisi approfondita della situazione per supportare le azioni già in essere e migliorare ulteriormente la struttura organizzativa, il benessere in azienda, la formazione del personale, la ricerca di talenti e altre attività strettamente connesse alla presenza in Cina.

E’ inevitabile che il nome di Gucci si senta danneggiato nell’immagine ed è difficile pensare che dalla sede centrale di Scandicci potevano sapere delle condizioni in cui erano costretti a lavorare i suoi dipendenti. Piuttosto è il sistema produttivo cinese che dovrebbe interrogarsi se la crescita economica (solamente Shenzen è passata da 2 a 9 milioni di abitanti in 10 anni) vale il prezzo di questa condizione di semi-schiavitù.

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