Crollo del commercio al dettaglio: gli imprenditori chiedono aiuto al Governo

È crisi nera per la moda. Come denunciano i dati presentati dalla Confesercenti di Brescia in uno studio effettuato a livello nazionale sul commercio al dettaglio, cui hanno partecipato 200 attività nazionali e più di una trentina di realtà locali, il reddito d’impresa è sceso negli ultimi 5 anni del 32% nel settore abbigliamento e calzature.

Una vera catastrofe: se il 2012 è stato un annus horribilis per il commercio, se la situazione continuerà a restare com’è, se non a peggiorare, molti commercianti saranno costretti a chiudere, se non a dichiarare bancarotta. Con grave danno non solo per il commercio, ma anche per l’immagine dell’Italia nel mondo. Il Made in Italy è sempre stato uno dei punti di forza per il Paese, qualcosa a cui aggrapparsi per risalire la china anche nei momenti più bui. Attira da un punto di vista turistico e alimenta, di conseguenza il comparto produttivo. Ma se non c’è domanda a che serve proporre un’offerta? I magazzini sono pieni di merce invenduta, si moltiplicano tristi casi di suicidio di imprenditori falliti e quel 32 per cento, sebbene non inaspettato, alimenta un clima di sfiducia generale. Troppe tasse, troppa burocrazia, troppa contraffazione.

Troppi nemici contro cui combattere. Soccombere è fin troppo facile, anche a livello produttivo, abbassando il livello di know-how per vendere a prezzi sempre più bassi che però non permettono a chi produce di rientrare delle spese.Gli imprenditori provano a intervenire sui prezzi, diversifica la sua offerta, effettua vendite straordinarie (i saldi generano il 35% del fatturato, e gli sconti arrivano al 50% e oltre), mentre molti cambiano fornitori e riducono i costi generali. Il 14% degli imprenditori medita di lasciare il commercio indipendente, pensando di affidarsi ad una catena, rinunciando così alla propria libertà decisionale e gestionale.

Le voci “affitto” e “personale” pesano moltissimo sui bilanci, per questo i commercianti chiedono al Governo più agevolazioni fiscali e di alleggerire loro il costo del lavoro, il che, però, è un’arma a doppio taglio perché come può ripartire l’economia se si dimezza la busta paga dei dipendenti che poi non possono fare spese se non quelle necessarie. Ma il tempo stringe: negli ultimi tre anni ben 40mila imprese italiane del settore hanno cessato l’attività.

fonte bsnews.it
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