Hipster, il brutto della moda che torna

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Ognuno di noi ha provato cosa significa attingere dall’armadio della mamma se non dalla cassapanca della nonna ricercando “quel capo vintage”  tornato di gran moda ma che fino a poco tempo prima mai avremmo pensato di indossare. Anzi, un po’ ce ne vergognavamo anche.

La moda, proprio come la storia, è un un flusso continuo di cicli e ritorni, anche quando si tratta di capi che si sperava avere definitivamente accantonato nell’angolo più buio dell’armadio.

Che si tratti di una band musicale, un tipo di birra, un taglio di capelli o modello di jeans, tutte le tendenze vanno e vengono, con le nuove generazioni alle prese con il “gran rispolvero” delle tendenze in voga fra quelle precedenti.

Emily Miethner ha disegnato sul portale Flavorwire questo modello che riproduce il ciclo naturale della cosiddetta moda hipster, prendendo ad esempio un cappello.

Per la cronaca, Hipster significa “come riesumare tutto il peggio della moda degli ultimi vent’anni ed essere terribilmente fashion” (Il concetto è ben spiegato per esteso sull’articolo linkato a fondo pagina e tratto da la Repubblica.it).*

Per “girare attorno al ciclo hipster” si passa per gli stati:

Outsider: qualcuno, annoiato dalle convenzioni della moda tradizionale, decide di indossare qualcosa ritenuto vecchio e brutto, come ad esempio un berretto consunto che nessun altro indosserebbe.

Il precipizio: “quel vecchio cappello” diventa un trend cool per una cerchia ristretta di persone.

Mainstream: il cappello diventa un capo must-to-have ricercatissimo dalla massa di fashion addicted.

Il declino: vengono meno popolarità e favore dei consumatori.

L’ironico: un ristetto gruppo di persone comincia ad indossare per gioco l’impopolare cappello.

Il nostalgico: dal gioco, il cappello diventa un simbolo che evoca caldi ricordi dal passato.

Il conservatore: il cappello diventa un accessorio-icona di buon gusto e sensibilità verso il top della moda.

E voi, vi sentite un po’ hipster?

*Fonte