Zara continua a crescere ma aumentano le critiche per le condizioni di lavoro dei suoi fornitori e lavoratori

Dopo la notizia choc diramata da Greenpeace che accusava, dati alla mano, i grandi brand della moda di mettere in commercio indumenti contaminati da sostanze chimiche pericolose per l’uomo, Zara, una delle aziende top accusate, ha deciso di collaborare affinché in futuro nulla del genere possa più ripetersi. Da allora per l’azienda è stata tutta una strada in discesa e, come anche H&M che vive un periodo d’oro dopo che aver sfilato addirittura a Parigi sfidando durante la fashion week i grandi della moda, il low cost è di moda più che mai, in particolare Zara.

La crisi economica sta colpendo duro in tutto il mondo e, soprattutto in Europa, in paesi come la Grecia e la Spagna dove più si avvertono le dure conseguenze nell’occupazione e nel potere d’acquisto medio della popolazione. Zara è un brand spagnolo, ma l’empasse economico non sembra averla colpito, anzi. Fa parte dell’importante fashion group, sempre spagnolo, Inditex è un autentico colosso del settore tessile-abbigliamento che continua a crescere e a creare posti di lavoro. Infatti, considerati anche i Paesi emergenti, i ricavi sono cresciuti del 16% e l’utile netto del 22%, in un settore, qual è quello dell’abbigliamento, toccato fortemente dalla crisi, in Europa e non solo. Infatti, il gruppo Inditex controlla anche le griffe Massimo Dutti, Bershka e Pull and Bear, ed è presente in 86 paesi con ben 5.887 negozi, di cui 360 nuovi punti vendita aperti soltanto negli ultimi nove mesi dell’anno.

Proprio di recente, tra l’altro, Zara ha deciso di avviare in Cina un canale di vendita online tramite Internet che già si è dimostrato di grande successo. E tutto questo a dispetto del fatto che l’abbigliamento low cost di Zara dovrebbe risentire più della crisi dei consumi di altre categorie di prodotti in quanto il target dei suoi consumatori, la piccola borghesia, è proprio quello più schiacciato dalla recessione. Invece, Inditex ha registrato un fatturato in crescita del 16%, inaugurando solo nel 2012 ben 482 nuovi negozi e creando 10.802 nuovi posti di lavoro, dei quali 500 in Spagna, dove il gruppo impiega quasi 40mila dei suoi 120mila dipendenti globali.

Le ragioni del successodi Zara? L’aver inventato per prima, seguita poi a ruota da altri retailer come H&M e Gap, la filosofia del “low cost che implica un buon rapporto qualità-prezzo per il consumatore finale che acquista direttamente ad un prezzo decisamente contenuto esattamente ciò che ha appena visto ed ammirato in passerella. Con cool hunter sguinzagliati in tutto il mondo alla ricerca di idee e modellisti in grado di riprodurre a tempo di record qualsiasi modello che ha appena sfilato sulle passerelle più cool, chiunque può sentirsi fashion e alla moda senza dissanguare il conto in banca.

Zara riproduce tutto molto velocemente e, una volta realizzato, lo mette subito in vendita per testarlo e se non ottiene le vendite sperate tempo pochi giorni che il capo viene ritirato e la produzione immediatamente sospesa, mentre le grandi griffe riempiono inutilmente magazzini di roba che non riescono a vendere, con l’ultima spiaggia rappresentata dagli outlet. Infine, Zara ha il merito di aver  delocalizzato poco, ma, non completamente, stando alle tante etichette stampate all’interno dei suoi capi e accessori, in cui sono indicati tanti paesi esotici in cui avverebbe in realtà la produzione, come il Messico. Perchè, alla fine, non è mai tutto oro ciò che luccica e, dopo, i recenti attacchi di Greenpeace, Zara deve rispondere ancora delle accuse sia di ridurre al minimo i margini di guadagno riservati ai subfornitori che di essere poco vigile e presente nel controllo delle condizioni di lavoro e retribuzione di tanti suoi lavoratori nei Paesi in via di sviluppo.