A 85 anni la Duchessa d’Alba si sposa e sceglie un abito Victorio&Lucchino

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L’amore non ha età. Verissimo. Ma lo stile e l’eleganza sì, indubbiamente. Il matrimonio della Duchessa d’Alba con Alfonzo Diez (di quattro lustri più giovane), all’invidiabile età di 85 anni, ne è un esempio lampante.  E a questo punto una domanda sorge spontanea, come nella migliore delle tradizioni: si può indossare l’etereo color cipria, una nuance rarefatta, pastello, così naif e romantica, nonostante l’età anagrafica non sia più quella del tempo delle mele? Non sarebbe meglio optare per un classico tailleur, magari vivacizzato da piccoli dettagli eccentrici, se proprio si vuole essere anticonvenzionali?

Negli ultimi anni si è affermata la tendenza a giustificare qualunque outfit accampando la scusa che, se si sta bene nel proprio corpo e nei propri panni, è giusto vestirsi come più ci aggrada. E quest’idea dominante ha creato non poche situazioni al limite del grottesco e del ridicolo, dai red carpet ai matimoni celebri, fino alle strade delle nostre città.

L’abito Victorio&Lucchino indossato dalla novella sposa duchessa di Alba Cayetana Fitz-James Stuart y Silva si fermava a metà polpaccio con un gioco di volant e piccole balze. Corpetto finemente lavorato e piccoli fiori a decorare scollo e spalle; maniche a tre quarti e cinta in satin verde a fermarlo in vita. Il colore ricordava quello di un petalo di rosa tea, delicatissimo e soffice. Scarpe dal tacco flat, orecchini di diamante a goccia e piccolo bouquet completavano l’ensemble.

La nobildonna spagnola, al suo terzo matrimonio, ha anche sfoggiato una capigliatura grigio celeste cotonatissima, una vera e propria nuvola di cotone turchino che le incorniciava il volto praticamente immobilizzato a causa di evidenti e troppo frequenti ricorsi alla chirurgia estetica.

Risultato? Un abito di un colore e linea che ci si può permettere fino a una certa età anagrafica (pena sembrare Bette Davis in Che fine ha fatto Baby Jane?) e un viso che tradisce l’ossessione di voler rimanere giovani costi quel che costi, anche se si finisce col somigliare a una caricatura cartoonistica e non più a una donna: un effetto grottesco al quale non si poteva sfuggire, viste le premesse.