Plus size magazine: le modelle skinny fanno male all’economia perché chi compra è curvy

modelle curvy economia daily mail plus size magazine modelle curvy

Si chiama “Plus Size Magazine” e sta facendo molto parlare di sé in questi giorni. Interamente dedicato all’universo del plus size o del curvy, in Italia meno carinamente chiamate “taglie forti” o “taglie conformate”, si propone di far pressione sul mondo della moda, su chi crea un abito e su chi lo vende affinché consideri questo modello di donna non solo possibile perché sono tante le silhouette femminili, ma reale.

Irreali sono, invece, le size zero proposte da anni dai magazine di moda e bellezza, oltre che in passerella, perché è una taglia ottenuta con sacrifici disumani e una disciplina militare che mina il fisico perché spesso, a forza di diete serrate (leggi: digiuni) e segrete inclinazioni alla bulimia e più conclamate dichiarazioni di anoressia, lo priva di tante vitamine e alimenti necessari alla sua salute. Ci sono persino modelle che per placare il senso di fame ingoiano batuffoli di cotone imbevuti nel succo d’arancia…lo sapevate?


All’interno di “Plus Size Magazine” c’è un servizio di cui sono protagoniste due modelle: una skinny, o meglio, la solita che vediamo nelle sfilate e negli shooting sui giornali e un’altra decisamente curvy, teutonica, che mai vediamo sfilare in passerella, se non per brand specializzati in moda curvy e, da qualche tempo, nemmeno più al cinema, una volta innamorato delle forme delle dive, mentre adesso anche la settima arte è capitolata a favore delle ex modelle che cercano una carriera alternativa e di starlette che non sono riuscite a diventare modelle famose ma hanno sempre un fisico molto, troppo asciutto.

Ripreso dal tabloid britannico “Daily Mail”, questo shooting è diventato un caso e, soprattutto, un grido d’allarme perché, se una volta le modelle pesavano in media l’8% in meno delle donne normali, oggi la percentuale si è alzata al 23%.

Ma questo fa parte del mondo dell’irrealtà, nel senso che chi va poi nei negozi a comprare abiti è una donna che indossa in media la 46 e che spesso non riesce a trovare il capo che desidera, sentendosi grassa e inaccettata da una società che promuove solo un modello irraggiungibile di bellezza (artificiale).

In poche parole, spingere un modello skinny fa male all’economia perché molti capi prodotti in quella taglia assurda e nelle taglie a lei vicine restano invenduti, mentre magari potrebbero essere sold out se gli stilisti, e il comparto marketing delle loro aziende, si decidessero a disegnare abiti per donne reali.

Tutto questo discorso non vuole essere un’apologia o un inno all’obesità, perchè si tratta di una patologia da evitare in quanto motore d’accensione di altre patologie ben più gravi, ma indossare la 46 non vuol dire essere grasse, ma assolutamente normali. E gli stilisti devono prenderne atto.

credit image  / daily mail